Un espresso per l’Unesco. Se ne parla da anni, della possibilità che il metodo tradizionale italiano di estrazione del caffè venga riconosciuto come patrimonio immateriale dell’Unesco.
È di qualche giorno fa la notizia che il Consorzio del caffè espresso italiano tradizionale ha scritto al ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, per sollecitare il sostegno del governo Conte nell’iter che come sempre è piuttosto laborioso.
I promotori sono convinti della bontà di questa iniziativa. Ricordano come il governo di Ankara – non il migliore da prendere ad esempio, al momento – abbia appoggiato con forza l’identita candidatura del caffè alla turca. Credono davvero che il riconoscimento dell’espresso nelle stanze di Parigi possa avere un effetto positivo per l’espresso italiano. Addirittura hanno organizzato un tour nei locali storici delle cosiddette “città creative Unesco in Italia” che poi sono Bologna e Pesaro per la musica, Fabriano e Carrara per l’artigianato e l’arte popolare, Roma per il cinema, Alba e Parma per la gastronomia, Torino per il design, Milano per la letteratura.
“Questa – spiega il Presidente del Consorzio, Giorgio Caballini di Sassoferrato – è un’operazione identitaria e di promozione di un’eccellenza famosa in tutto il mondo. Gli italiani hanno inventato sia il caffè espresso che la macchina che si trova in tutti i bar. Attorno al chicco di caffè è nata un’occasione di lavoro per tante persone e tante generazioni. Valorizzare sia la bevanda che l’intero settore dovrebbe essere una priorità per il governo del nuovo umanesimo, per citare il presidente del consiglio, Giuseppe Conte”.
Va detto che sono patrimonio immateriale Unesco cose come il canto a tenore sardo e l’opera dei pupi siciliani, degnissime per tradizione ma infinitamente meno globali del caffè espresso che è cosa consumata tutti i giorni in tutto il mondo. E che proprio per questo secondo noi di tutto ha bisogno l’espresso italiano tranne che di finire nello scaffale del folclore “identitario”, parola questa che ci induce sempre in sospetto. Il caffè all’italiana si difende valorizzando la materia prima e contrastando sciatterie e pregiudizi. A Parigi, a Napoli, dovunque.
Andrea Cuomo
Giornalista
Inviato del Giornale e collaboratore di diversi periodici nel settore wine&food
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