In Oman, il Paese più sorridente della penisola arabica, offrire la bevanda nera corrisponde a celebrare un irrinunciabile rituale di accoglienza che ha precisi passaggi
Un caffè omanita, prego.
In realtà in Oman, in quello che è il Paese più tollerante e pacifico della penisola arabica, stretto tra vicini ingombranti come l’inaccessibile Arabia Saudita, lo Yemen squassato da una guerra civile, gli Emirati Arabi che sono diventati il luna park per ricconi, il caffè non hai bisogno nemmeno di chiederlo. Ti viene offerto come benvenuto in qualsiasi luogo ti trovi ad arrivare: in un hotel, in un negozio, in una casa privata.
Il caffè omanita è un rituale che non ha nulla da invidiare a quello italiano (tra l’altro i due Paesi hanno la curiosa caratteristica di essere uno dietro l’altro nella classifica della superficie, essendo praticamente estesi uguale, l’Oman leggermente di più in verità). Viene versato da un bricco caratteristico chiamato dallah, dalla pancia a bulbo e dal lungo beccuccio, in delle tazzine grandi più o meno come quelle per l’espresso, ma decorate e rigorosamente senza manico, dette fenjans. Il caffè viene servito assieme ai datteri, che – sappiatelo – sono molto ma molto più buoni e polposi rispetto a quelle cose secche e gessose che infestano le nostre tombolate natalizie.
Va bene, ma il caffè? Dimenticatevi la forza schiumosa dell’espresso all’italiana. Perché il qahwah (questo il nome locale della bevanda) non ne ha la forza. E apparentemente è anche poco ricco di caffeina (anche se molti sostengono che l’effetto corroborante sia lo stesso). Viene preparato con la polvere di caffè (circa un cucchiaio a testa), che viene messa a cuocere dentro l’acqua assieme a dei baccelli di cardamomo.
La temperatura si alza e si abbassa in continuazione, più volte lo si fa e più la bevanda sarà densa. Alla fine il caffè si versa nella dallah, con l’aggiunta dell’acqua di rose e della polvere di cardamomo e si lascia che la bevanda riposi una decina di minuti, in modo che la polvere si depositi sul fondo.
In ogni caso nel nostro giro del Paese ci è capitato di berne di più e di meno “polverosi”. Il gusto è aromatico e leggero e se il quantitativo è comunque modesto, sappiate che l’uso è di farsene servire almeno tre porzioni.
Andrea Cuomo
Giornalista
Inviato del Giornale e collaboratore di diversi periodici nel settore wine&food
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