Forno Brisa, il progetto bolognese che coltiva il 35% del grano del suo pane e crea Social Playlist su Spotify, lancia la sua linea di caffè speciali. E lo fa, naturalmente, a modo suo
Dal pane al caffè, passando dalle piantagioni in Honduras e Perù e anni di ricerca: da qui è partito il progetto della micro-roastery di Forno Brisa, una delle più interessanti realtà di panificazione italiane, con tre punti vendita a Bologna (in via Galliera 34D, via Castiglione 43 e via San Felice 91). Più che un forno, un “progetto”, come lo chiamano, che coinvolge un gruppo di persone ma i cui capitani sono Pasquale Polito e Davide Sarti. Età media 29 anni, panificazione di giorno e non di notte, ed incursioni nel mondo dell’agricoltura (sono proprietari di campi di grano a Nocciano, in Abruzzo) della vinificazione E ora del caffè.
“Selezioniamo caffè che raccontano la nostra identità: prediligiamo quelli di filiera che rispettano i valori fondanti dei nostri pani e sono sostenibili a livello etico, nutrizionale ed economico – metta in chiaro Antonio Farsace, uno dei baristi del team bolognese, oggi responsabile della roastery -. Inizieremo da quelli delle piantagioni in Perù e in Honduras, dove alcuni ragazzi del team sono andati, proprio in campo, a raccogliere il caffè e a fare formazione. A rotazione aggiungeremo poi specialty sempre nuovi, per ampliare l’offerta. Vogliamo lavorare sia con le monorigini sia con una miscela, dal momento che per noi la contaminazione, tipica per esempio del miscuglio evolutivo nella panificazione, è un valore. Il nostro blend sarà sempre diverso, crediamo nella sperimentazione continua e nella costante perfettibilità”.
I ragazzi di Brisa tostano la loro linea di caffè artigianali, naturali ed etici all’interno del vecchio laboratorio in Via Galliera 34D, a Bologna. Non sono mancati i momenti di confronto tra la filiera del pane e quella del caffè – due prodotti della terra uniti dalla reazione di Maillard, tra le altre cose – che hanno coinvolto selezionatori, torrefattori e titolari di caffetterie e si sono spinti, poi, fino all’altro capo dell’Oceano per andare ad approfondire le conoscenze agricole e di trasformazione direttamente in piantagione.
Il gruppo di giovani talenti specializzati in Specialty Coffee hanno viaggiato, assaggiato e portato a casa, come si dice. Jorge Albarracin ha visitato la Finca Rio Colorado, gestita da Umami Area, in Honduras, da cui oggi proviene il primo caffè monorigine che Forno Brisa sta tostando a Bologna; Monica Cortonesi ha trascorso un mese in Perù, nel cuore della foresta amazzonica, dove il gruppo The Seven Elements coltiva caffè specialty in permacultura. I caffè peruviani concorrono alla creazione della miscela Brisa. Dalle stesse piantagioni tra l’altro provengono le fave di cacao che i ragazzi di Bologna trasformano, “bean to bar”, partendo dalla tostatura nel forno del pane per poi trasformarle in cioccolato, che Brisa utilizza sia per la produzione interna sia sotto forma di tavolette in vendita in negozio.
L’operazione è stata resa possibile dalla campagna lanciata nel 2020 di equity crowdfunding di Forno Brisa, che ha raccolto 357 soci oltre a 1,2 milioni di euro di adesioni.
Dal 29 ottobre, la linea “Brisa Coffee Roasters” di Forno Brisa è disponibile negli store bolognesi del Forno Brisa, sullo shop online (shop.fornobrisa.it) e sarà presto in alcune caffetterie selezionate.
Foto: Michele Lapini
Anna Muzio
Giornalista
Da vent’anni scrivo nell’incrocio tra turismo, food e attualità per testate di settore e non.
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